Riassunto capitolo 31 – PROMESSI SPOSI

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Riassunto capitolo 31
PROMESSI SPOSI

All’inizi Manzoni afferma di scrivere tale capitolo al solo fine di raccontare la reazione di Milano all’arrivo della peste. Come temuto, i soldati imperiali, portarono la peste nel territorio milanese, che in poco tempo infetto gran parte dell’Italia. Furono molti gli errori umani che contribuirono all’espansione incontrollata della malattia, soprattutto i lunghi tempi per la propaganda degli avvisi affinché la popolazione fosse a conoscenza dell’infezione così da prendere.
In breve diverse persone si ammalarono e morirono di mali violenti, sconosciuti alla maggior parte delle persone; erano infatti pochi a ricordarsi ancora della peste di San Carlo (chiamata con il nome del santo grazie al quale, si pensava, la peste finì). Il tribunale della sanità mandò due diverse commissioni ad indagare sui casi sospetti che iniziarono a verificarsi nella provincia: la prima diede parere negativo (fu suggestionata dalle voci che circolavano), la seconda commissione confermò invece i sospetti e il tribunale della sanità chiese il 30 di Ottobre l’isolamento della città di Milano per evitare il contagio. Il nuovo governatore, Ambrogio Spinola, succeduto a Don Gonzalo, non solo trascurò la richiesta, occupato dai pensieri della guerra, ma ordinò anche pubbliche feste per la nascita del primogenito del re Filippo VI. Questo diede la possibilità all’infezione di colpire anche la città di Milano. A sorprendere maggiormente è però il fatto che la stessa popolazione di Milano trascurò le notizie provenienti dai paesi limitrofi: le morti venivano attribuite all’aria della palude o altro, ma non veniva mai nominata la Peste.
La grida che doveva eseguire l’isolamento della città venne pubblicata solo il 29 di Novembre: ma la peste era ormai entrata in città attraverso un soldato italiano al servizio della Spagna, giunto a Milano con vestiti rubati o comprati da soldati nemici. In breve tempo morì il militare e morirono le persone che erano venute in contatto con lui e con le sue cose. Vennero date indicazioni perché tutti gli oggetti contaminati venissero bruciati o isolati, ma le leggi non furono efficaci e comparvero focolai in ogni parte della città. I casi erano però ancora isolati ed i decessi continuarono ad essere attribuiti ad altre cause. Una volta accertato un caso di peste, il tribunale della sanità faceva bruciare oggetti, sequestrare la casa e mandare l’intera famiglia al Lazzaretto. Per queste opere nascono tre figure importanti:
MONATTI~Incaricato ad andare nelle case dei morti per peste o presunti appestati per portarli al Lazzaretto

(Dopo la casa che rimane sola derubano tutto e lo rivendono)
APPARITORI~Persone che (con un campanello) allontanava le persone quando doveva passare il Carro con gli appestati (alcuni andavano al lazzaretto.. Altri nelle fosse comuni)
COMMISSARI~Capi del ministero di salute, che dovevano guidare tutto il lavoro, anche se non eseguono il loro lavoro bene.
Non fu quindi difficile suscitare l’odio del popolo e trovare ostacoli al proprio operato. I medici vennero accusati di voler speculare sul pubblico spavento e non furono rari i casi di aggressione.
Sul finire del mese di Marzo le morti iniziarono a diventare frequenti e fu difficile nascondere la verità. Per non dover ammettere la propria ignoranza ed i propri errori, non si parlò però ancora di peste ma di febbre pestilenziale. I magistrati iniziarono comunque a dare maggior ascolto alle richieste della sanità. La popolazione del Lazzaretto crebbe di giorno in giorno nonostante le numerose morti giornaliere, e la sua gestione iniziò ad essere difficoltosa; venne così deciso di affidarne il governo ai frati cappuccini, che si distinsero ancora un volta per il loro senso di carità e sacrificio. Anche tra il popolo iniziò a vacillare il voler negare a tutti i costi l’esistenza della peste, ma la reale causa del contagio non venne comunque accettata: per la gente l’origine del male erano veleni contagiosi, operazioni diaboliche e malefici, sparsi dai “untori” (persone che andavano in giro per la città a lasciare unguenti infetti, al fine di infettare i milanesi). A contribuire al pensiero comune fu uno scherzo sciocco portato a termine da sconosciuti: in ogni parte della città comparvero improvvisamente macchie di sudiciume giallognole e biancastre. Scoppiò il panico, ogni persona sospetta era un possibile untore, così cominciano le aggressioni pubbliche.
Nonostante le continue morti, non tutti erano ancora persuasi che si trattasse effettivamente di peste. Per togliere ogni dubbio, per convincere il popolo, spaventarlo e farsi dare ascolto, il tribunale della sanità approfittò di una festa religiosa per trasportare in mezzo alla folla, in bella mostra, i corpi di un’intera famiglia appena morta, con segni evidenti della malattia. Si trattava finalmente per tutti di PESTE.

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